di Luca Nava ed Emilio Rizzi

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C’era una volta un luogo speciale dove convivevano amici, musica, alcol e magia: La Scaletta Jazz Club di Canzo, una favola inventata da Francis. Ora non ci sono più né l’uno né l’altro.

Francis, senza un cognome, l’omino coi baffi che aveva creato un luogo veramente speciale, un locale dove si suonava il jazz dal vivo, dove ci si trovava e ci si conosceva come una famiglia. Un luogo dove si sentivano i dischi di Miles Davis, di Charlie Parker e Tom Waits, tra il fumo dei toscanelli e il Jack Daniel’s, tra una Guinness e una Chesterfield, in un’atmosfera bohémienne in cui mi sono sentito più adulto di quel che ero.

Dietro il bancone lui: Francis, brizzolato, baffetto, ciuffetto, piccoletto, occhi che diventavano due fessure quando sorrideva e rideva sotto il baffo.

Ero giovane e affascinato da tutto. Amavo quel locale tanto che una sera (bigiando la scuola serale) mi ci rifugiai e per passare il tempo aiutai a montare il palco nuovo, quello al piano di sopra. Gli regalai anche una foto mia che venne appesa nel locale, un pomodoro sui tasti di un pianoforte.

Francis fu quello che mi spiegò come si beve correttamente un whisky, quello che mi stupì rivelandomi che Tom Waits era un bianco nonostante la voce (https://www.youtube.com/watch?v=ccVC5MjZEfs), che mi raccontò le barzellette peggiori che conosco e che la sera dopo me le raccontava in modo diverso e sconclusionato. Così come diverso era il conto che mi faceva pagare alla cassa: le stesse consumazioni andavano da un minimo di ‘offro io’ a un massimo corrispondente al triplo degli altri locali, indipendentemente se c’era o no musica dal vivo. E poi episodi, leggende, miti, balle  sparate, cazzate, risate. E poi mica tutte erano balle, perché quando il testimone di certi eventi diventi tu capisci che le leggende non sono poi campate così in aria.

E qui vi narriamo insieme tre delle nostre leggende:

1)  una sera Francis, appena entro, mi dice: “Sai chi è quella?” indicandomi una ragazza asiatica – “E’ una famosa pianista incredibile (non ricordo il nome, ma credo fosse Aki Kuroda, nda), non so cosa ci faccia qui, io non l’ho invitata”, dopo qualche minuto la ragazza chiede a Francis: “Posso suonare il piano?” – e lui ovviamente disse: “Certo!” L’artista  si mise a suonare, neanche a dirlo, benissimo. Ad ascoltare c’era anche l’amico Edo Bottelli (non un professionista, ma un appassionato erbese di musica) che a un certo punto disse: “Ma io vado a pVendeVe il mio sax in macchina!” e lo fece, e suonarono così, come si fa nel Jazz.

2) una sera entro e nel primo tavolo c’è un tizio calvo con una lunga barba bianca, vestito di nero, un bel personaggio. E anche qui Francis mi dice: “Conosci Tony Scott?” – “Il regista?” – “Macchè regista è il più grande clarinettista jazz del mondo! Ha suonato con tutti i grandi, anche con Charlie Parker!” – “E che ci fa qui?” e lui con naturalezza: “E’ venuto a trovarmi.” (A proposito, vi consiglio la visione del film Io sono Tony Scott di Maresco (sì, quello del duo Ciprì e Maresco di Cinico Tv) https://www.youtube.com/watch?v=8bgD9s4y1fo)

3) succede che una notte, dopo la chiusura, a qualcuno venne in mente di fare una partita a Poker alla quale partecipai anche io. Era la mia prima partita, arrivai in fondo vincendo anche l’ultima mano. Sul piatto c’era un sassofono. Mi venne consegnato alla “Scaletta” la sera successiva poi quel tizio usci dal locale e mentre guardavo il sassofono nella custodia arrrivò Tony Scott. “Quindi tu sei un sassofonista!” esclamò sorpreso. Gli spiegai com’ero entrato in possesso dello strumento e commentò dicendo: “Questa è una storia di Jazz”. Tony mi spiegò come assemblare le tre parti che compongono il sax, la diteggiatura per ottenere le note, come accoppiare l’ancia al becco, come soffiarci e poi si mise a suonare. “Ci vediamo la prossima settimana e mi farai sentire i tuoi progressi. Suona tanto e suona con tutti”.

Lì ascoltammo fenomeni incredibili, uno che mi piace ricordare è Pietro Nobile (https://www.youtube.com/watch?v=6YgZ85jhlgc) che mi stupì con il suo fingerpicking, tecnica di chitarra che se chiudi gli occhi ne senti suonare distintamente due.

La chiusura del locale mi mise tristezza, ma arrivò in un periodo dove le serate, il jazz, il bere, non avevano più quel sapore e non ero già più un assiduo frequentatore del locale. Andai forse l’ultima volta a sentire Edith Peters, (https://www.youtube.com/watch?v=fWCvTerTqIY) nota ai più per essere la governante di colore di Celentano nel Bisbetico Domato. Grande cantante jazz. (Qui con Lino Patruno: https://www.youtube.com/watch?v=8Q2tUsGnj0Y). Ma la magia non c’era più.

Si dice che ‘siamo la somma di chi abbiamo incontrato nella vita” quindi caro Francis, grazie per il jazz, per le sigarette, per le risate e per la magia di quel piccolo Blue Notes a due passi dal lago del Segrino.

Buon viaggio.

 

 

2 pensiero su “Addio a Francis, l’uomo che portò il jazz al Segrino”
  1. Come dimenticare il caro vecchio Francis, la musica e le bevute, le interminabili ore alla cassa: “Francis, quanto ti dobbiamo?” e lui giù a parlare di musica e raccontare aneddoti. Ho conosciuto lì mitici personaggi come Toni Scott, i fratelli Lo Greco, Enrico Rava, Piero Bassini, Laura Fedele, Paola Franzini, Edith Peters (“Francis, metti vitamini no whisky”) con il suo chitarrista, Gianni Cazzola e tanti altri. Tante e tante serate con gli amici più cari, quanti ricordi e aneddoti si potrebbero raccontare. I prezzi variabili raccontati da Luca erano una costante (anzi, confermo tutto quello che ha scritto). Una sera, era il compleanno di un amico, gli diciamo che prendiamo la torta intera per festeggiare. Alla cassa, l’amico che offriva, chiede quanto deve e lui: “Dunque, la torta, 12 fette, la bottiglia di vino… 110.000 lire!”. L’amico che non era dei più sportivi, appena usciti, sfoglia il calendario imprecando contro Francis. Ho festeggiato lì anche la mia laurea. Conoscendo i suoi conti aleatori, inizio la contrattazione giorni e giorni prima per riservare la saletta del piano superiore. A un certo punto mi fa: “Compra tu da bere e da mangiare e poi mi dai altrettanto per la sala” io gli dico: “Sei sicuro? Ti va bene così?” e lui ripete: “Sì, sì”. Fu così che pagai una sciocchezza per l’affitto. È un personaggio che dovrebbe essere raccontato dal grande Pupi Avati (anzi, ho il contatto con lui ed il fratello Antonio, quasi quasi…). Proprio il giorno prima della sua morte, con un amico che aveva a “La Scaletta” la sua seconda casa, ricordavo uno dei suoi classici: “eravamo io, Toni Scott, Edith Peters, Mario Rusca (ed altri a caso variabili)” Ormai sopraffatti dal sonno ripetiamo, con gli occhi che si chiudono: “Francis, quanto ti dobbiamo?”. E non si tratta di soldi.

  2. “Eravamo io, Edith Peters, Mario Rusca, Tony Scott…”, e uno subito pensava che avesse fatto un giro in cantina (credo di essere stato uno dei pochi che aveva avuto il permesso di visitarla) dove teneva qualche cassa di già allora introvabile brandy Tenerelli. Ma il bello era che quello che vi stava raccontando e che a voi sembrava impossibile o quanto meno improbabile poteva essere davvero accaduto, in quel locale. Con un padre che aveva girato il mondo come marinaio, e che aveva conosciuto Tony Scott su chissà quale nave o in chissà quale porto di quell’estremo Oriente che il grande jazzista prese a frequentare ad un certo punto della sua vita, il piccolo grande Francis aveva lasciato che il mitico clarinettista dalla lunga barba diventasse il pigmalione musicale di quel piccolo locale alle porte della Valassina.
    Vidi Tony Scott per la prima volta una sera nella piccola saletta dove si tenevano inizialmente i concerti, ero insieme al caro amico Michele, non l’intenditore di whisky, ed eravamo rimasti noi due soli. Tony ci disse “è tardi, lui deve chiudere…”.
    Seppi poi che quel gentile signore era Tony Scott, che aveva suonato con i più grandi del Bop, e che ci raccontava fantastici aneddoti su Charlie, Miles, Billie, Dizzy. Quante volte abbiamo tirato le ore piccole ed oltre. Francis chiudeva il portoncino, e via ad ascoltare musica e vecchie storie di jazz. Con qualche bicchiere di quelli buoni. Ricordo i bei momenti con gli amici, qualcuno il caro amico Silvio Ve lo ha raccontato, e i tanti concerti, anche quelli nella bella sala al piano superiore, ma le cose che tengo più strette nel cuore sono quei momenti particolari giù da basso, con Piero Bassini che suonava Night in Tunisia da solo nella saletta, o Tony Scott che mi faceva notare la tecnica di Bill De Arango alla chitarra in un vecchio pezzo degli anni ’40 su una cassetta che avevo fatto per Francis, ma soprattutto con lui, il piccolo grande Francis. So che mi voleva bene, e gliene volevo io. Buon viaggio caro amico, sarai già lì che dici “Yeah!” col buon vecchio Tony, Miles, Charlie, Billy, Dizzy, Monk…

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