Prima sono nazioni e razze lontane, poi regioni italiane, cittadini, numeri, statistiche, punti su curve di diagrammi che svettano verso un picco che sembra non arrivare mai. Poi prendono forma, assumono caratteristiche demografiche… sono anziani, malati, qualche giovane, un senza tetto… poi diventano figure professionali… medici, infermieri… poi si avvicinano nei messaggi di amici e diventano ‘parenti di’, ‘conoscenti di’, ‘amici di’, ‘suoceri di’, ‘vicini di casa di’. Quindi arrivano tra le tue conoscenze, e dopo quel ‘di’ ci sei tu: un amico tuo, un conoscente tuo. E la vittima diventa un volto, diventa un sorriso, diventa un nome e un cognome… e il virus ti appare ancora più cattivo, perché attacca le tue conoscenze, le tue emozioni, i tuoi ricordi… e quindi attacca te, che sei sano e che non esci per difenderti da un virus che lo sa e allora ti colpisce e ti ferisce di rimbalzo, subdolo, con le notizie di chi non ce l’ha fatta e sta dall’altra parte della strada e senti che la minaccia per la tua famiglia è sulla soglia e hai paura. Ed è un bene che tu abbia paura, perché questa paura salverà gli altri.
Restiamo a casa, restiamo spaventati.
Fuori non c’è nulla per cui valga la pena morire.
 
Buon viaggio a chi non ce l’ha fatta.
Oggi ho anch’io il mio primo nome da salutare.

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