Anche noi abbiamo amici che si sono trasferiti all’estero e che hanno il piacere di leggere su “Il Dieci” quello che succede nella loro vecchia città. A loro abbiamo chiesto come viene vissuta la pandemia nei loro paesi d’adozione. Il primo a rispondere alla nostra proposta è stato Mauro Bettiati che da anni si è trasferito a Parigi:

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Qui in Francia il contenimento é stato vissuto come una cosa abbastanza traumatica, ma alla fine accettato con una buona dose di disciplina. Però ci sono situazioni piuttosto ansiogene, legate alla comunicazione del governo che all’inizio dichiarava che maschere e test non servivano a niente… unicamente perché di test e di maschere non ce n’erano affatto.

Ancora oggi la Francia é molto indietro in numero di test per millione d’abitanti (21213 test/M abitanti ieri la Francia, 40440 test/M abitanti per l’Italia) e ‘Le Monde’ pubblica questo week-end un’inchiesta molto discussa sul fatto che la Francia ha recentemente distrutto gli stock di maschere troppo vecchie e fuori uso fino alla fine di marzo. Tutti si chiedono se non era meglio usare le maschere vecchie fin dall’inizio, e ovviamente si chiedono anche perché non c’erano test disponibili a fine febbraio. A quell’epoca parlavano di 400 al giorno per tutta la Francia…

Poi anche fenomeni collaterali molto disgustosi legati al confinamento: incremento sensibile delle violenze familiari, sulle donne ma anche sui bambini… Polemiche sulle ‘banlieues’ legate al rispetto del confinamento meno stretto.

Prendendo ad esempio un’iniziativa popolare nata in Italia anche qui, ogni sera alle otto, applaudono ancora dottori e infermieri.

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