1519-1522: i protagonisti di una sfida che ha dell’impossibile

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Una settimana prima del lockdown ebbi la fortuna di trovarmi nella stupenda città andalusa di Siviglia, accompagnando un gruppo di studenti, che mi permisero di poterla rivedere attraverso la freschezza del loro sguardo ammirato, incuriosito e stupito da tanta bellezza. Ebbi anche la fortuna di poter visitare una mostra presso l’Archivio Generale delle Indie, edificio inserito tra i Patrimoni dell’Umanità dell’UNESCO che conserva la documentazione storica delle scoperte geografiche della Spagna e dei successivi rapporti culturali ed economici con le Americhe e le Filippine.

Si trattava della mostra dedicata al 5° Centenario del primo giro del mondo, realizzato da Ferdinando Magellano e da Sebastián Elcano; quest’ultimo, meno noto, fu colui che riuscì a tornare al porto di partenza dopo quel viaggio epico, che invece si concluse tragicamente per Magellano, ucciso in una scaramuccia con dei guerrieri nativi presso Mactan, nelle Filippine. Attraverso l’esposizione sivigliana si è voluto ricordare questo importante evento storico sia perché la spedizione fu finanziata dalla Corona spagnola, sia perché cinquecento anni fa cominciò proprio a Siviglia quel viaggio lungamente sognato: raggiungere il mitico Oriente e le Isole delle Spezie seguendo una rotta da inventare, che doveva attraversare il lato inesplorato del mondo.

La mostra si intitolava “Il viaggio più lungo” (El viaje más largo), terminò nel Febbraio di quest’anno e verrà riallestita nella città basca di San Sebastián nel 2021. Il progetto della mostra iniziò nel 2018 con un precedente allestimento itinerante e si concluse con la grande esposizione a Siviglia che riunì i principali protagonisti di quel viaggio eccezionale, presentando al visitatore, oltre all’aspetto storico di date, avvenimenti e cifre, gli aspetti più umani di naviganti che sognarono una rotta considerata impossibile, salparono verso l’ignoto, ne esplorarono il limite e ritornarono trasformando il corso della storia, avendo completato la rappesentazione e l’immagine del mondo sino ad allora solo presunta. Sono stati esposti, per la prima volta, i principali documenti e le cronache che hanno dato voce ai protagonisti della prima circumnavigazione del pianeta, iniziata da Magellano nel 1519 e conclusa da Elcano con l’equipaggio della nave Victoria nel 1522. Visitando le sale si poteva riflettere su come fu realizzato il primo viaggio intorno al mondo, ma anche su come fosse il mondo a quell’epoca, in che contesto storico e sociale si intraprese la spedizione, e quali culture lontane entrarono a far parte di un contesto globale. Suddivisa in sei sezioni dai titoli significativi (Sogno, Partenza, Esplorazione, Destinazione, Ritorno e Trasformazione) regalava la coinvolgente sensazione di leggere un autentico diario di bordo della spedizione, grazie ai documenti originali esposti e alle notizie etnografiche e antropologiche trasmesseci da quei marinai che toccavano per la prima volta terre ignote.

Perché una mostra proprio a Siviglia? Perché il primo giro del mondo iniziò e si concluse proprio lì, partì dalla città che rappresentava il centro nevralgico dei commerci europei e mondiali del XVI secolo. Siviglia fu il punto di origine, dove tutto cominciò a prendere forma intorno alla grande intuizione di Magellano. A quel tempo, il capoluogo dell’Andalusia era il punto nodale dei commerci con le Indie e il navigatore portoghese vi si trasferì allo scopo di ottenere permessi e finanziamenti per il suo progetto: raggiungere le Isole delle Spezie (le Molucche) inaugurando una nuova rotta marittima attraverso l’Occidente. Magellano intendeva costeggiare il continente americano, scoperto appena venticinque anni prima da Cristoforo Colombo. L’idea riuscì a convincere il re Carlo I di Spagna (l’imperatore Carlo V), che rese disponibili per la spedizione il porto fluviale di Siviglia e quello di Sanlúcar de Barrameda, sulla costa oceanica. Durante gli anni in cui il navigatore portoghese rimase a Siviglia per preparare il mitico viaggio, scenari come il Ponte di Triana, la Cattedrale, o la Piazza della Contrattazione (dove si negoziavano tutti i contratti per le merci importate in Europa dal Nuovo Mondo) ebbero un ruolo importante nella gestazione dell’impresa di Magellano.

Anche Sanlúcar de Barrameda, sulla costa atlantica dell’Andalusia, collegata allo scalo interno di Siviglia dal fiume Guadalquivir, ebbe un ruolo importante sia alla partenza che al ritorno della spedizione di Magellano-Elcano. Lì, infatti, le cinque navi della flotta (Trinidad, Victoria, Santiago, Concepción e San Antonio) fecero sosta per terminare i loro approvvigionamenti e affrontare l’oceano. L’equipaggio comprendeva marinai di varie nazionalità: 147 spagnoli, 29 portoghesi, 27 italiani e poi tedeschi, inglesi, greci… Una spedizione con un equipaggio variegato, tra il quale spiccava la figura di un italiano illustre: Antonio Pigafetta, che rese una fedele testimonianza di quel viaggio tragico e vittorioso allo stesso tempo. Tra il 1524 e il 1525 Pigafetta scrisse (in una lingua mista italo-veneta, con diverse parole spagnole) la Relazione del primo viaggio intorno al mondo, oggi ritenuto uno dei più preziosi documenti sulle grandi scoperte geografiche del Cinquecento; nelle sue memorie, redatte a partire dai minuziosi diari che aveva tenuto nei tre anni di viaggio, si trovano descrizioni dei popoli, dei paesi, dei prodotti e anche delle lingue che vi si parlavano, di cui il navigatore cercava di tracciare alcuni brevi glossari. Per la precisione e la fedeltà del racconto e la ricchezza di osservazioni sui paesi visitati costituisce uno dei più importanti documenti della storia delle esplorazioni.

Ma torniamo alla spedizione: circa tre anni dopo, il 6 settembre 1522, con la sola nave Victoria e senza Magellano (sostituito da Elcano) 18 uomini esausti, malati e denutriti fecero ritorno proprio a Siviglia, dopo aver completato eroicamente, loro malgrado, la prima circumnavigazione della Terra, che coincise anche con la più grande impresa nautica della storia dell’umanità.

Un vascello fantasma, fatiscente, che imbarca acqua in diversi punti e con le vele a brandelli si presenta all’imbocco del Guadalquivir. Sale a bordo lo stesso pilota di porto che alla partenza della flotta aveva portato in mare aperto proprio la Victoria, e resta scioccato da quel che vede: diciotto moribondi è quel che resta dei 250 uomini che erano partiti tra grandi applausi e feste tre anni prima. E Magellano? Elcano allarga le braccia. La notizia del ritorno della Victoria si diffonde in un baleno. L’8 settembre, quando la nave entra in porto, Siviglia è in festa, le bombarde sparano parecchi colpi di benvenuto, ma la popolazione non conosce ancora lo stato in cui è ridotta l’unica nave sopravissuta alla spedizione.

Quando infine accosta alla banchina, con lo scafo a pezzi ed il suo carico di relitti umani la folla ammutolisce, un brivido di pietà e commozione attraversa gli animi di chi era accorso per far festa e qualche lacrima accompagna lo sbarco dei sopravissuti. I diciotto marinai sfilano in processione con un cero in mano –descriverà il vicentino Pigafetta– scalzi e laceri, fino alla Cattedrale, come atto di ringraziamento alla Virgen de la Antigua per l’impresa compiuta e per avere avuta salva la vita.

I superstiti avevano viaggiato per più di 14.000 leghe (più di 70.000 km), spostandosi sempre verso Ovest. Avevano raggiunto l’America, l’avevano costeggiata in direzione Sud, trovando un passaggio che attraversava lo stretto che verrà chiamato “di Magellano”, in omaggio all’esploratore. La traversata dell’Oceano Pacifico fu finalmente compiuta. Un viaggio terrificante, che aveva decimato gli equipaggi a causa della fame e di malattie insidiose come lo scorbuto, passando di isola in isola, nei remoti arcipelaghi conosciuti oggi come le Marianne e le Filippine. E raggiungendo infine l’obiettivo strategico della spedizione: le Isole delle Spezie, le Molucche, l’El Dorado dell’Oriente.

Le Filippine, scoperte da Magellano, restarono per più di tre secoli la più grande colonia d’oltremare della Spagna, che però non ne trasse i grandi vantaggi sperati, perché la lunghezza del viaggio ed il piccolo tonnellaggio delle navi che potevano essere usate rendevano poco remunerative le spedizioni. Però si potè finalmente credere che la terra era veramente rotonda: i sopravvissuti della Victoria lo avevano dimostrato, seppur pagando un prezzo altissimo.

La goletta nave-scuola della Marina Militare Spagnola porta il nome di Juan Sebastián Elcano, e ancora oggi naviga per i mari del mondo solcati cinquecento anni fa da quegli esperti marinai, in ricordo di un’impresa ai limiti delle possibilità umane.

Come avvenne per Elcano e i suoi uomini, la grande esposizione di Siviglia ha affrontato grandi difficoltà per il suo riallestimento nella città basca di San Sebastián, dove avrebbe dovuto essere aperta al pubblico quest’estate. Il virus ha bloccato anche il racconto di questa storia, ma senz’altro, come Elcano, la mostra giungerà a destinazione: da giugno a settembre 2021, El viaje más largo: la primera vuelta al mundo. San Sebastián, Museo de San Telmo. Da non perdere.

Daniela Piccolo | Docente di Lingua e Cultura Spagnola – Liceo “Carlo Porta” di Erba

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