Mostra collettiva dedicata a Constantin Brâncusi a 100 anni dalla realizzazione dell’opera omonima.

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In esposizione opere di: Roberto Biondi, Elena Borghi, Piero Campanini, Adriano Caverzasio, Matteo Galvano, Giulio Mantovani, Angelo Marsiglio, Carmen Molteni, Giovanni Padovese, Stefano Paulon, Carlo Pozzoni, Pierluigi Ratti, Gianfranco Sergio, Antonio Teruzzi

INAUGURAZIONE: venerdì 4 settembre, dalle 17.30 alle 20 con prenotazione obbligatoria chiamando il numero 335 8095646 (Carlo) La mostra sarà visitabile fino al 25 settembre 2020 da lunedì a venerdì dalle 15.00 alle 18.30 – sabato solo su appuntamento The Art Company Como – Via Borgovico 163 (cortile interno)

EMBRIONALE ED ESSENZIALE

In alcuni villaggi della Romania si è mantenuta intatta un’usanza arcaica che, nell’anniversario della scomparsa di una persona cara, prescrive di deporre uova sulla sua tomba. Può darsi che L’inizio del mondo, l’opera creata da Constantin Brancusi cento anni fa, abbia qualcosa a che fare con questo gesto dalla valenza rituale. Ancor più che «una testa femminile astratta» (come la definì John Quinn, il collezionista che l’acquistò nel 1922), la scultura è una forma ovoidale dagli innumerevoli risvolti archetipici. La Romania di Brancusi è una terra ancestrale in cui gli elementi naturali hanno una sorta di doppia vita simbolica, e nella quale la morte è ancora ricompresa in una visione ciclica dell’esistenza. Molte tra le opere dello scultore romeno hanno un aspetto embrionale: sono cioè più trasfigurate che astratte. Lo stesso Brancusi, d’altra parte, considerava «folli» coloro che ritenevano astratte le sue sculture: «ciò che essi credono sia astratto – affermava – è quanto vi è di più reale: è l’essenza dei fenomeni».

Embrionale ed essenziale sono le due categorie nelle quali si inscrivono le opere realizzate per questa mostra. La maggior parte di esse si richiama all’uovo come oggetto emblematico dell’origine del reale. È questo il caso del bozzetto con ambizioni cosmiche di Angelo Marsiglio, dell’immagine allusivamente dadaista di Giulio Mantovani, dell’esperimento di geometria sacra di Stefano Paulon e della foto straniante e “di denuncia” di Carlo Pozzoni. Alcuni artisti hanno scelto invece di prendere ispirazione da altre sculture di Brancusi, e in primo luogo dalla Colonna infinita, che Matteo Galvano ha innestato temerariamente sulla Mole Antonelliana, Roberto Biondi ha scarnificato in un nastro sinuoso e Pierluigi Ratti replicato in una maestosa successione di vasi comunicanti. Carmen Monti ha invece omaggiato Musa addormentata (scultura per ciechi), uno “sviluppo” del 1926 di L’origine del mondo, traducendola in una struttura allusiva di pietra e vetro, mentre Piero Campanini ha immerso una versione precedente della Musa (Brancusi amava riprendere e variare nel tempo titoli e forme delle sue opere) in una sorta di mare primordiale. Altri artisti hanno cercato di rievocare la suggestione complessiva dell’opera di Brancusi (ma anche di Brancusi stesso, ritratto da Adriano Caverzasio come se fosse egli stesso una acultura). Per Terruzzi la potenza espressiva dell’«essenza dei fenomeni» è compendiata in un totem minimale e monumentale allo stesso tempo, per Elena Borghi in una sequenza di ovali tanto lacerati quanto preziosi.

Roberto Borghi

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