di Milena Malinverni

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La serata con gli amici era terminata nel modo peggiore, qualche birra di troppo ed erano iniziate le offese perché è risaputo che l’alcool riduce l’autocontrollo. Di sentirsi dare della “sfigata” era abituata, lei non beveva alcolici, non fumava e non cambiava ragazzo ogni sera, era una bellissima ragazza anche se non se ne rendeva conto e le altre ragazze non la sopportavano perché non sentiva la necessità di omologarsi alle altre, ma il fatto di essere ridicolizzata facendola sentire un fenomeno da baraccone le aveva fatto scattare la molla così se n’era andata, a lunghe falcate aveva attraversato la strada senza quasi dare un’occhiata che non passassero automobili.

Era mezzanotte, i suoi passi sprofondavano nella terra umida, la solitudine le faceva mancare il fiato trovarsi nel mezzo di un acquazzone senza un ombrello per ripararsi non era d’aiuto. Talvolta ci si può sentire soli anche in mezzo a parecchia gente e stavolta Federica aveva bisogno di ritrovare sé stessa. Si voltò, la giostra illuminata dalla luce fioca dei lampioni girava, una musica di sottofondo la riportava momenti felici, impossibile resistere ai movimenti circolari e sussultori di quei cavalli colorati che le restituivano una gran voglia di correre, di buttarsi su un prato a godere dei raggi del sole di maggio, a leggere, ascoltare musica mangiando un gelato imbrattandosi mani e viso tra le risate dei veri amici che aveva a sei anni. Quei cavalli colorati e quella musica erano per lei l’emblema della libertà. A sei anni nessuno la giudicava, si litigava per un motivo banale e dopo due minuti ci si riappacificava dimenticandosi il motivo assurdo del litigio; a sedici era diverso.

Come sapevano essere cattivi i ragazzi ma soprattutto le ragazze. Il giorno dopo li avrebbe rivisti, di sicuro nessuno l’avrebbe chiamata per scusarsi perché non si cercano le sfigate come lei.

Ripensò a quando il venerdì, all’uscita dalla scuola materna, il nonno la portava nel parchetto di fronte al lago, un posto incantevole ma incantevole era soprattutto la presenza del nonno. Le comprava dei gettoni per salire sulla giostra e mentre lei girava non la perdeva mai di vista, le sorrideva e la incoraggiava ad alzarsi al momento giusto per strappare “la coda” che le permetteva di aggiudicarsi un giro in omaggio.

Raramente Federica riusciva ad accaparrarsi il giro ma il nonno la riempiva ugualmente di complimenti e le dava un altro gettone, mentre lei scendeva per salire su un nuovo cavallo a forma di unicorno o una motocicletta, un’astronave o un aereo. Era la sua principessa, la sua campionessa, la sua vita e lei aspettava con trepidazione il venerdì per poter passare quelle ore con il nonno sulle giostre e fantasticare ad ogni volteggio: era una principessa o una motociclista, un’astronauta o una pilota. Quando il nonno aveva terminato quasi tutte le monete di solito avanzava quanto bastava per acquistarle dello zucchero filato e un flacone di bolle di sapone.

Com’era facile essere bambina, i bambini sono sinceri e innocenti. Pensò che aveva smesso di essere bambina nel momento in cui aveva cessato di salire sulle giostre o di fare bolle di sapone.

L’uomo della cassa si avvicinò, era provato da una giornata poco fortunata e voleva giustamente chiudere dopo aver passato inutilmente la serata ad aspettare clienti; era anziano, le rughe gli segnavano il volto ma non il sorriso, a lei ricordò il nonno. Sentì il bisogno di girare sull’unicorno, l’uomo le strizzò l’occhio e le porse il gettone: era ridicola, se qualcuno dei suoi amici l’avesse vista di sicuro l’avrebbe di nuovo messa in imbarazzo ma niente le impedì di strappare il “codino” sentendosi un po’ come “vincere facile” ma di nuovo serena. E’ così che ci si deve sentire a sedici anni: sereni, liberi di fare ciò che davvero si desidera senza bisogno di piacere per forza a qualcuno, liberi dalle paura di restare da soli o di non piacere. A sedici anni dovrebbe essere sufficiente piacere a sé stessi. Federica lo comprese nel momento in cui strinse tra le mani quel codino che da piccola tanto bramava, di colpo sentì il suono della risata allegra del nonno, il sapore dolce di quello zucchero filato e avvertì un rassicurante senso di pace.

2 pensiero su “UNA SEDICENNE – i racconti della domenica”
  1. Wow commovente bellissimo racconto.
    Una lezione per molti. Se una ragazza sa scrivere cosi bene vuol dire che non tutto è perduto!

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