“La Russia sta per precipitare in un abisso, scavato da Putin e dalla sua miopia politica”. Sono le parole di Anna Politkovskaja scritte poco prima di essere uccisa. La giornalista russa pagò a caro prezzo le sue inchieste sulla guerra in Cecenia che descrisse come “una guerra medievale”. Dalle colonne del suo giornale, Novaja Gazeta, Anna pubblicò i suoi coraggiosi reportages sulla Cecenia, il Daghestan e l’Inguscezia, documentandone i massacri e accusando apertamente Putin di tutti gli orrori perpetrati dall’esercito russo. In questi giorni stiamo riscoprendo chi è davvero Vladimir Putin che l’Occidente ha spesso vezzeggiato ritraendolo come acerrimo nemico dell’Islam e fiero difensore della cristianità. Putin giunse al potere nel marzo 2000 e, oggi, è il caso di ricordare che, nella seconda guerra in Cecenia, si rese protagonista di una furia omicida spaventosa. Con il pretesto di combattere il terrorismo, Putin non esitò a infliggere al popolo ceceno turpitudini e nefandezze di ogni tipo: torture, incendi, esecuzioni di massa. Tenente Colonnello del Kgb, il profilo di Putin corrisponde a quello di una persona glaciale e spietata, che diffida cordialmente degli amici e odia mortalmente i nemici. La carneficina del Teatro Dubrovka a Mosca rappresenta un esempio del modo in cui Vladimir Putin suole risolvere le crisi. La sera del 23 ottobre del 2002 un gruppo di separatisti ceceni fece irruzione nel teatro tra il primo e secondo atto dello spettacolo. Furono presi in ostaggio 850 spettatori. L’obiettivo del commando era di allestire un’azione spettacolare per attirare l’attenzione dell’opinione pubblica e ottenere un appoggio internazionale nella richiesta di ritiro delle truppe russe dalla Cecenia. Ma i guerriglieri fecero male i conti. L’attacco sferrato dalle forze speciali, che irruppero nel teatro riempendolo di gas, fu di una malvagità estrema, come dimostra il numero delle vittime: 700 feriti e 170 morti, di cui 131 ostaggi e 39 guerriglieri. Il massacro della scuola di Beslan, avvenuto due anni dopo nell’Ossezia del nord, rappresenta un altro esempio della spietata follia di un uomo che molti politici italiani hanno sovente lusingato e, talora, perfino ammirato, sottovalutandone la brutalità e l’implacabile cinismo. Quel massacro risulta paradigmatico: 1.200 persone furono sequestrate per due giorni da un gruppo di 32 terroristi islamici. La furia delle forze speciali non conobbe ostacoli: 700 feriti e più di 300 morti, di cui 186 bambini e 32 terroristi. In quell’occasione, Anna Politkovskaja deplorò l’incapacità di chi aveva gestito una crisi che avrebbe potuto risparmiare la vita di tanti civili innocenti. Le testimonianze dei sopravvissuti costrinsero Putin ad ammettere gli errori di un’operazione che, negli intenti dello “zar”, avrebbe dovuto assurgere a esempio per tutti i terroristi: non si fanno sconti a chiunque si professi nemico della Grande Russia. La guerra in Ucraina rappresenta l’ennesima lezione per l’Occidente che non ha mai preso sul serio l’ipotesi di un conflitto in quell’area. Le televisioni occidentali hanno rappresentato efficacemente la rabbia con cui Vladimir Putin ha umiliato il capo dei suoi Servizi segreti il quale, davanti alla mutria gonfia e beffarda dello zar, balbettava impaurito. Tutti abbiamo ascoltato le farneticazioni di Putin contro chiunque osi aiutare Zelensky e la sua “banda di drogati e nazisti”. Come è già avvenuto in altre occasioni, l’Europa si scopre impotente e incapace di dare una risposta che non sia quella delle sanzioni economiche che, paradossalmente, rischiano di diventare un boomerang per l’economia dei paesi dell’Unione. Con l’invasione dell’Ucraina finisce per sempre l’epoca del cosiddetto “soft power” che si fonda sull’illusione che le guerre siano, ormai, un ricordo del passato. Le democrazie sono obbligate a prendere atto che la diplomazia, da sola, non è in grado di neutralizzare la nequizia di autocrati e dittatori che tendono ad interpretare il dialogo come segno di pavidità e debolezza. Si tratta di un concetto che Anna Politkovskaja aveva più volte espresso riferendosi anche alla Russia di Vladimir Putin. Riteniamo sia giusto ricordare che, sedici anni fa, Anna fu uccisa da due sicari, nell’androne di casa sua, in pieno centro a Mosca. Era il 7 ottobre 2006, lo stesso giorno del compleanno di Putin. 

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